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CIAO, TOM - Giulia



“Tom!” Nessuna risposta “Tom!” Ancora silenzio “Vorrei proprio sapere che cosa sta combinando quel ragazzo. Ehi Tom!” La vecchia signora abbassò gli occhiali e lanciò un’occhiata alla stanza al disopra delle lenti, poi li sistemò di nuovo sul naso e guardò al di sotto. Accadeva assai di rado che ci guardasse attraverso quando l’oggetto della sua attenzione era una cosa da poco come un ragazzino, perché quegli occhiali erano i suoi migliori, roba di cui sentirsi orgogliosi, ed erano stati fatti per bellezza, non per utilità; tanto che un paio di coperchi da stufa avrebbero prodotto lo stesso effetto. Per un momento assunse un’aria perplessa, poi disse, non minacciosamente, ma con un tono abbastanza alto da farsi sentire anche dai mobili: “Beh, se riesco a metterti le mani addosso…” Non finì la frase. Tom scese dalle vecchie scale scricchiolanti e come se non fosse successo nulla, con tono calmo, chiese “Che cosa c’è, nonna?” “Non mi rispondi mai e questa cosa non va affatto bene!” Disse la nonna secca. Per tutta risposta Tom alzò le spalle e si mise ad osservare il tempo fuori dalla finestra: grossi cumulonembi sembravano avvicinarsi minacciosamente. Pochi minuti dopo le prime gocce di pioggia nacquero e, piano piano, iniziarono ad infradiciare il terreno. L’anziana signora lo stava ancora guardando, ma poi crollò in un sonno profondo e gli occhiali le caddero per terra. Non si ruppero fortunatamente, ma Tom decise lo stesso di raccoglierli con cautela. Era così che lui vedeva la nonna: capelli bianchi legati in uno chignonne, carnagione scura, un carattere rigido ma in cuor suo teneva rinchiuso anche il suo lato dolce. Ed era così che lui vedeva se stesso: un ragazzino timido, le lentiggini che con il tempo si erano propagate per tutto il viso e una briciola di socialità. Questi erano gli elementi che lo caratterizzavano più di tutti gli altri. Poi Tom salì al piano di sopra e sul calendario cancellò il giorno 19 maggio, ormai passato. “Non è possibile che anche a maggio piova!” Disse imbronciato. Quella mattina stava andando sempre peggio, sia per Tom sia per la nonna: la felpa che Tom indossava si strappò, dato che si era impigliata in una gruccia mentre cercava di riordinare l’armadio, i suoi capelli folti si gonfiarono per l’umidità, una delle poche cose che Tom odiava completamente e, come se non bastasse, Harry, il vecchio cane, spezzò in due il piatto preferito della nonna, che infuriata lo rinchiuse in cantina. La domestica arrivò alle 11:00 del mattino e mentre spolverava il mobile del salotto chiese a Tom: “ Beh, allora? Come va a scuola? Oggi ti vedo di malumore". “Non è la scuola Chiara, oggi la giornata sta prendendo una brutta piega”. Lei sorrise, con un sorriso che a Tom era sempre piaciuto tanto: i denti bianchi risplendevano come il Sole, il rossetto fucsia anche e i suoi occhi castani sembravano così profondi da stordire. Chiara era giovane e per qualche strano motivo aveva accettato di essere la domestica in casa Sawyer. Tom adorava Chiara e tra tutte le domestiche arrivate in quella vecchia casa di campagna, che non era di certo di lusso, lei era senza dubbio la migliore. Finalmente arrivò l’ora di pranzo: la tavola ospitava un cestino con fette di pane appena sfornate e i piatti erano vestiti con ravioli farciti di carne. Il profumo del cibo invase la sala da pranzo e tutti presero posto in tavola, compresa Chiara. In quella casa erano rimasti solo la nonna, Tom ed Harry, perché la guerra aveva portato via molto, molto. Specialmente in Inghilterra le bombe erano precipitate a migliaia e si erano schiantate contro le case, tranne in quella piccola casa sperduta in una campagna inglese, quella di Tom. Ormai la guerra si era conclusa da 3 anni, ma a Tom sembrava ieri il giorno in cui i poliziotti erano venuti a raccontare la morte dei suoi genitori a center city, mentre facevano la spesa. Solo il cuscino di Tom sapeva che aveva versato tante lacrime. La giornata trascorse tranquillamente, ma la notte Tom fece un incubo: Chiara non era vera, era di sabbia, solo sabbia, e si distruggeva, sgretolandosi, parlava e diceva: “Ciao, Tom”. Il suo sonno fu però interrotto da Harry, che mordendogli leggermente la mano, gli faceva cenno di seguirlo. “Le 3 di notte” sospirò Tom. “Su basta, vai via!” Ma alla fine Harry la ebbe vinta. Con i suoi occhi azzurri Tom non vedeva bene, riuscì solo a sentire: “Ciao, Tom”

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© 2019 Lauretta Ricci

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