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Suonò la sveglia. Stranamente avevo voglia di andare a scuola. Era molto freddo. Le prime due ore di scuola avevamo educazione fisica, mi divertii moltissimo come ogni volta, seguiva un’ora di antologia. Infine due ore di verifica (ansia, mista a noia). Qui si concludevano le cinque ore di scuola molto interessanti ma anche molto stancanti( di solito il sabato vado a rilento e anche la mia mente è un po’ offuscata).
Tornai a pranzo e mangiai un gran e bel piatto di pasta. Finito di mangiare ero in ansia perché dovevo giocare una partita di calcio contro i nostri “rivali magionesi”.
Ero pronto non vedevo l’ora. Mia madre mi accompagnò al campo e dopo il discorso del mister iniziammo il riscaldamento. Il tempo era bello, il sole brillava come l’acqua marina, il vento soffiava imperterrito, un freddo pungente stava per scendere in campo insieme. Era bellissimo riprendere il campionato dopo tantissimo tempo.
Durante il riscaldamento sentii un piccolo doloretto alla gamba, ma non gli diedi peso. Iniziò la partita. Si era fatta sera e allora i lampioni del campo si accesero. “Fiiiiiiiiiiiiiiiiii”, via . Dopo circa cinque minuti mi prese un dolore insopportabile alla gamba, lo stesso punto dove avevo sentito il dolore nel riscaldamento. Una fitta lacerante prese il sopravvento, il mio cuore batteva all’impazzata, volevo aiutare i miei compagni, fare bei passaggi e vincere la partita ma il mio corpo non rispondeva alla mia mente. Mi fermai e dissi al mister di farmi uscire. Uscii piangendo dal dispiacere. Tutti i miei compagni di squadra mi sostennerono dicendomi di non preoccuparmi. Io tengo molto al calcio e soprattutto alle partite, non sapevo cosa dire. C’ erano altri due miei compagni che si erano infortunati e non erano nemmeno stati convocati. Purtroppo non è colpa di nessuno quando succedono questi imprevisti.
Andai a fare la doccia con gli applausi del pubblico e dei miei compagni. Ero affaticato e triste. Piangevo come fanno i temporali, il cielo era nero come il mio cuore. Il pianto infuocava le mie pupille. Uscito dalla doccia e accettato quello che era appena successo, tornai in panchina a sostenere i miei compagni. Stare immobile con il vento gelido che mi asciugava le lacrime era insopportabile come il dolore alla gamba. I genitori da fuori incitavano i propri figli mentre battevano le mani e i piedi per il grande freddo che stava coprendo tutto il campo di terra e il parcheggio. Chi era lì mi chiese come andava ed io ero costretto dal dolore a dire che provavo un gran malessere. Finita la partita venni interrogato di nuovo dai vari genitori e dal mister sul mio stato ed io risposi sempre la stessa cosa. Il giorno dopo non riuscivo minimamente a camminare così rimasi a riposo(la domenica senza fare nulla è molto noiosa). I miei compagni mi scrissero come stavo. Io risposi a malincuore queste parole: "Ragazzi non sto molto bene, vi prometto che mi rimetterò presto”. Così dicendo feci dei massaggi tutti i giorni a casa, tranne il mercoledì e il venerdì che mi aiutò il fisioterapista a guarire. Domenica mattina non ero proprio al cento per cento, avevo ancora una forte paura di calciare troppo forte e provare di nuovo dolore, però mi impegnai molto. Prenderla come ho fatto io a molte persone può sembrare sciocco, però il calcio è una cosa per cui vado pazzo e non vorrei mai e poi mai smettere. I giorni brutti possono essere moltissimi, potrebbero sembrare cose futili queste, in fondo stiamo vivendo diverse difficoltà in questi anni di Covid ma perdere il controllo del proprio corpo, sentirsi impotenti e sperare di non doversi far aiutare per migliorare le proprie prestazioni fisiche crea forti momenti ansiosi. Io personalmente spero che non succeda mai più e non lo auguro neanche al mio peggior nemico.
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