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IL MIO BENVENUTO AD UN AMICO SPECIALE - Massimiliano M.



Era Sabato 12 Marzo, apparentemente un normalissimo giorno di scuola, fatto di Motoria, Antologia e Geometria. L’ora di Antologia fu particolarmente interessante perché la professoressa comunicò a me e ai miei compagni di classe che nei giorni successivi sarebbe arrivato un nuovo compagno di nome Ivan. Fui molto contento della notizia, non sapevo ancora che lui avrebbe arricchito le mie giornate, i miei pensieri e mi avrebbe dato la possibilità di conoscerlo nel suo essere speciale, arrivato fino a noi cercando la libertà e la pace, quella pace che gli era stata tolta nel suo Paese di origine: l’ Ucraina. La notizia rallegrò il mio silenzioso e timido cuore. Per accoglierlo al meglio, la professoressa ci ha fornito ad ognuno dei bigliettini dove era scritto il nostro nome, la nostra età e un messaggio di benvenuto, tutti tradotti in ucraino con sotto la pronuncia precisa di come doveva essere detto. Avrei dovuto aspettare quattro giorni per conoscerlo, in quelle ore interminabili i miei pensieri diventarono tantissimi come quando sommo due grandi numeri in matematica. Pensavo:” Chissà come sarà? Di che colore avrà i capelli? Sarà alto, basso, magro; ci capiremo? Gli piacerò???….” le curiosità e le domande che mi frullavano in testa erano tante e giravano veloci come quando viene azionata la centrifuga della lavatrice. E saliva anche l’emozione in me, l’euforia di condividere i miei pensieri con lui, di trovare il modo di aiutarlo e di farlo sentire protetto. Avevo capito che non sarebbe stato facile all’inizio né per me né per lui riuscire a comunicare in maniera diretta, perché lui non conosceva la mia lingua come io non conoscevo la sua, ma ci avrebbero aiutato i potenti mezzi che la società tecnologica ci ha messo a disposizione:tablet, pc, telefoni e soprattutto Google traduttore!L’attesa era terminata, appena entrato in classe, mi ero seduto per bene, avevo preparato davanti ai miei occhi in bella vista il mio biglietto con stampate le mie credenziali, che avevo ripassato a dovere. La porta si aprì e lui arrivò accompagnato dalla coordinatrice. L’applauso di benvenuto risuonò tra le finestre dell’aula, ma io sentii ancora più forte il suono della sua timidezza. I miei occhi videro un ragazzo non molto alto, capelli marroni chiari, occhi celesti, con un piccolo naso, il mio sguardo si posò sulle sue mani, piccole ma piene di voglia di vivere, che mi auguravo di toccare dopo aver usato l’immancabile igienizzante per stringerle in segno di amicizia. Iniziò a camminare verso di me, il banco che lo avrebbe accolto era proprio davanti al mio. Il cuore mi scoppiava di felicità, averlo avuto vicino avrebbe significato per me imparare cose nuove, scoprire un mondo incerto che non conoscevo ma che lui purtroppo aveva scoperto toccandolo con i suoi occhi, sentito con le sue orecchie, annusato con il suo naso. Osservandolo, la mia mente cercava di capire quanto la sua anima aveva sofferto prima di arrivare seduto su quel banco, ma l’avrei capito piano piano, conoscendolo giorno dopo giorno, trascorrendoci insieme le ore a nostra disposizione. Arrivò il momento di dire come mi chiamavo e dissi: “Laskavo proximo Ivan Mene zvaty Massimiliano”, dopo averlo detto sentii risuonare nell’aria il mio nome detto dalla sua esile voce in italiano ed è stata una gioia immensa, non ho impedito al mio cuore di commuoversi. Era la dimostrazione di quanto avesse voglia di imparare una nuova lingua, di vivere una nuova vita con la speranza di poter tornare al suo Paese d’ origine un giorno felice e in pace. Tutto quello che avevo sentito dal telegiornale sul suo paese, le immagini forti che avevo visto scorrere dallo schermo giorni prima, di persone che fuggivano, di persone che piangevano vicino ai corpi dei loro figli, erano solo informazioni che una volta spenta la tv non scorrevano più, ma che sicuramente facevano riflettere la mia mente e non erano indifferenti al mio cervello, che iniziava a chiedersi il perché di tutta quella sofferenza, perché era fondamentale per l’uomo uccidere un altro uomo per ordine di un potente. In quello stesso istante però avevo avuto una certezza: quelle che per me erano informazioni, per Ivan erano timbri e paure impressi nei suoi occhi e nel suo corpo. Il mio nuovo compagno le aveva vissute e subite. Non sapevo quanto tempo Ivan sarebbe rimasto con noi ma in quell’istante promisi a me stesso che anche un mese, due, tre li avrei dedicati a farlo sentire mio amico, a dargli ogni giorno il mio benvenuto, sperando che molto presto si sarebbe fidato di me, lo avrei fatto sentire speciale e non gli avrei procurato tristezza chiedendogli delle sue sofferenze. La mia parola d’ordine sarebbe stata solo pace, quella che mi auguravo che il paese di Ivan avrebbe sentito presto nell’aria. Per sentire il sapore della pace però il pianeta dovrebbe capire che i problemi non si risolvono con la cattiveria e con la guerra, ma seduti ad un tavolo a trovare un punto d’incontro dicendo ognuno la propria opinione senza litigare.

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greta.visconti
greta.visconti
Apr 13, 2022

Anch'io vorrei poter fare qualcosa accogliendo in classe un ragazzino ucraino, credimi, e mi addolora restare con le mani in mano mentre centinaia di persone come me muoiono o soffrono. Riguardo al testo, che dire, è scritto bene ma soprattutto impregnato di emozioni forti, vere e genuine. Belle le metafore e le descrizioni...

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