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IL "NO" CHE CAMBIÒ LA STORIA - Nicole



- Non vedo l’ora che finisca questa giornata, sembra interminabile. - Ho pensato quel giorno mentre cucivo un abito lilla.

Era stata una giornata impegnativa, avevo rattoppato vari abiti e preso le misure per altrettanti. Finalmente avevo finito il turno, e stavo aprendo la porta per uscire quando ho sentito una voce femminile chiamarmi:

- Rosa, Rosa. Sono qui, girati! – Diceva cercando in tutti i modi di farsi vedere.

Mi sono girata lentamente e ho visto correre verso di me la mia amica Jo.

- Ehi, vuoi fare una passeggiata? – Mi ha chiesto

- Grazie, ma ho lavorato molto oggi e sono davvero stanca. Se vuoi, però, possiamo tornare a casa insieme. –

- Oh, sì. Mi piacerebbe. Prendiamo l’autobus perché fa freddo! –

Non aveva neanche terminato la frase che un brivido gelido percorse il mio corpo, le guance e il naso mi si arrossirono lentamente e i denti iniziarono a sbattere tra loro. Per riuscire a riscaldarmi ho stretto meglio il cappotto.

Ero stanca, volevo soltanto tornare a casa, abbracciare i miei figli e stendermi sulla poltrona.

Io e Jo siamo andate a prendere il biglietto per il primo autobus disponibile; il 2857. Siamo entrate dal retro del veicolo e ci siamo dirette verso i posti riservati alle persone di colore. Però non c’era posto per entrambe. Jo si è seduta mentre io ho occupato il poso davanti a lei, al centro dell’autobus, nella parte riservata sia ai bianchi che ai neri.

Poco prima della partenza, per ingannare l’attesa, io e la mia amica abbiamo chiacchierato un po’. Ciascuna ha raccontato brevemente la propria giornata, e, appena anche l’ultimo posto si era occupato, l’autobus è partito.

Ho spostato lo sguardo verso il finestrino dove riuscivo a vedere benissimo il sole che tramontava e uno stormo di uccelli che creava un panorama magnifico dai colori caldi.

Alla fermata successiva l’autista, con una brusca frenata, ha riaperto le porte per far salire un uomo dalla carnagione chiara.

Ho girato nuovamente il capo verso l’esterno in attesa della partenza, ma il signore appena entrato stava confabulando qualcosa con l’autista. Improvvisamente ho visto che l’autista si era alzato e stava venendo proprio verso di me.

- Si alzi! – Disse – Non ci sono più posti per i bianchi, quindi, come da legge, deve alzarsi. -

Senza pensarci troppo ho risposto: - No! – Non volevo lasciare il posto a quell’uomo solo perché aveva la pelle più chiara della mia.

- Come scusi? –

- No! – Ho ripetuto con fermezza mentre serravo i pugni e sentivo le ambe tremare.

- Se non si alza immediatamente sarò costretto a chiamare la polizia. –

- D’accordo, non mi muoverò da qua fin quando non mi viene dato un valido motivo per cui dovrei cedere il posto a questa persona. –

L’autista, indignato, era tornato al suo posto e, subito dopo, due poliziotti sono saliti sull’autobus mettendomi le manette senza esitare.

Non ho opposto resistenza, mi sono girata verso Jo, che stava parlando con l’autista, e le ho rivolto un ultimo sorriso.

I poliziotti mi hanno portata direttamente in prigione.

Mentre attraversavo i corridoi di quell’edificio mi chiedevo:

- Perché dobbiamo essere considerati diversi? In fondo siamo anche noi esseri umani, fatti di ossa, muscoli, organi… Anche nelle nostre vene scorre il sangue, piangiamo, ridiamo e soffriamo esattamente come tutti. Il colore della pelle non può essere un fattore discriminante perché ognuno di noi non è uguale all’altro. –

Sono stata portata in una stanza dove mi osservavano e mi scattavano foto. Uno di loro diceva:

- Donna. Nera. Capelli scuri e mossi. Altezza media e occhi scuri. –

Successivamente mi hanno portata in cella. Ormai era notte fonda.

Ero sola, circondata da quattro mura grigie e polverose, una piccola stanza completamente buia e senza il minimo rumore. Sentivo freddo, la sottile coperta non riusciva a riscaldarmi, una leggera puzza proveniva dalla piccola pozza d’acqua all’angolino della stanza. Sdraiata sul letto, fissavo un punto nel soffitto, immaginando cosa avrei fatto in quel momento se fossi stata a casa. Immediatamente il pensiero della mia famiglia aveva occupato la mia mente; erano tante le domande: cosa staranno facendo? Qualcuno li avrà avvisati dell’accaduto? I miei poveri bambini, saranno spaventati.

Non potevo uscire da là, l’unica cosa che potevo fare per distrarmi era rifugiarmi nei sogni, così mi sono addormentata.

Dopo poche ore, alle prime luci dell’alba, mi sono svegliata di soprassalto e, stropicciandomi gli occhi, la mia attenzione è stata catturata dal discorso di due guardie:

- Hai sentito? Jo Ann Robinson è riuscita a convincere molte persone a non salire sugli autobus. –

- Già, credo che sia una cosa mai successa prima d’ora. –

Quando ho sentito il nome di Jo sono rimasta a bocca aperta, non riuscivo a credere alle mie orecchie.

- Rosa Parks! – Ha esclamato un poliziotto venendo verso di me – Puoi uscire di prigione, un uomo ti ha pagato la cauzione. –

Non riuscivo a capire cosa stesse succedendo, ma una domanda sovrastava ogni mio pensiero: - Chi era quell’uomo? –

Mi hanno accompagnata i un’altra stanza dove finalmente avrei potuto conoscere il volto di colui che mi stava restituendo la libertà.

Era anziano, con una folta barba grigia, un cappello scuro sul capo e degli occhiali rettangolari che contornavano perfettamente i suoi occhi verdognoli.

- Probabilmente non mi conosce… Ero sull’autobus quando è stata ingiustamente arrestata. Le sembrerà strano sentire queste parole da un uomo bianco, ma sono stanco di vedere persone che subiscono torti solo perché hanno la pelle di un altro colore. –

Non sapevo cosa rispondere se non grazie.

Uscita di prigione sono corsa a casa ad abbracciare tutta la mia famiglia e la mia amica Jo.

- Sei stata geniale, come ti è venuto in mente di mettere in atto un boicottaggio? – Le ho chiesto appena l’ho incontrata.

- Siamo nel 1955 ed è giunto il momento che cambino le cose, e tu, amica mia, hai dato il via al cambiamento. Se loro non ci vogliono sui loro mezzi, allora nessuno di noi salirà su un bus. Boicotteremo tutti i mezzi di Montgomery e nessuno potrà più ignorarci. –

L’idea di Jo è stata brillante perché quasi un anno dopo, la corte suprema degli Stati Uniti ha dichiarato fuori legge la segregazione razziale sui mezzi di trasporto pubblici.

Pochi giorni prima di Natale di quello stesso anno, infatti, è arrivato il primo autobus in città in cui salirono tutti e, bianchi e neri, sedevano, indistintamente, l’uno accanto all’altro.

Sono Rosa Parks e sono una persona che, come tante altre, è riuscita a cambiare la storia e continuo a sperare che in futuro, non si faccia più differenza tra bianco e nero, ma si veda “un mondo a colori”.

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© 2019 Lauretta Ricci

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