Afferrò la maniglia, la spinse verso il basso e uscì. Carola oltrepassò la porta con il capo basso e mentre trascinava il suo monopattino rosso, si mise su uno dei gradini che facevano d’entrata all’enorme casa in cui abitava. Aveva lo sguardo spento e il capo era appoggiato sulle ginocchia. Rimase lì per dieci minuti e mentre girovagava nei suoi pensieri si ricordò dell’estate di qualche anno prima quando la madre la portò al parco per giocare insieme a pallavolo, le scese una triste ma dolce lacrima dall'occhio destro, e finì a metà del suo percorso da una rapida sfregata, eseguita da delle fredde mani. Poi riprese il suo monopattino e andò in cucina dove trovò sua madre: aveva il telefono tra il volto e le spalle e ogni tanto esclamava affermazioni come “Oh, sì certo!’’, fingendosi interessata alla chiamata e mentre impastava la farina con l’acqua la bambina le s’ avvicinò, ma non appena provò a dare fiato alla bocca la madre esclamò: ‘’Carola ora ho da fare, vai a giocare con tuo padre.’’
La ragazza salì le scale con un passo pesante, ‘’Papà papà, vieni a giocare con me con quest’aquilone? Guarda l’ho fatto con le mie mani!’’ esclamò la bambina con l'ultimo frammento di gioia rimasto nel suo corpo. ’’No figliola, ora ho da fare, però ho visto tua sorella sul divano a giocare con il telefono, vai da lei.’’ Ormai Carola aveva perso le speranze, nonostante ciò, provò a fare l’ultimo tentativo con la sorella, ma andò tutto come aveva previsto: ‘’Persona che purtroppo abita sotto il mio stesso tetto vorresti venire a giocare a pallavolo con me? guarda ho già preso la palla.’’ “No’’ un semplice e triste no, ricevette dalla ragazza sangue del suo sangue.
Carola andò in camera e aprì un libro, l’unico che aveva, era grigio con qualche pezzo di pagina strappato, interamente in tema alla buia e triste camera, attaccato al muro c’era una mappa, dove Carola disegnava delle piccole mongolfiere nei posti che voleva visitare da grande. L’unico frammento di luce arrivava dalla porta. Nell’angolo di quella buia camera c’era il suo gatto grigio, si chiamava Mimmi, il quale dopo pochi minuti se ne andò, e lasciò posto ad un pastello rosso. Carola incuriosita si alzò subito dal letto, e con un salto felino si avvicinò al pastello, non sapeva di preciso cosa fare, all’inizio pensò che fosse un normale pastello rosso, e di fatti prese un foglio e ci disegnò una rosa, ma dopo pochi secondi si ritrovò una vera e propria rosa sotto gli occhi.
‘’Accipicchia’’ si limitò ad esclamare ma poi aggiunse, ‘’ma perché proprio a me doveva capitare una stregoneria del genere?’’ ‘’e poi come è possibile che un disegno si materializzasse’’? , nonostante ciò, si ricordò ciò che voleva più di tutto: evadere. Perciò disegnò una porta sul muro, la quale come per magia si creò. Carola sgranò gli occhi, e con un po’ di ansia afferrò la maniglia e oltrepassò la porta, si ritrovò in mezzo ad uno strano bosco, c’erano tanti alberi, e delle lanterne blu che penzolavano dall’alto, sembrava che non avessero un inizio, poco lontano si trovava un ruscello, Carola gli si avvicinò e rimase pochi secondi a specchiarsi sulle sue acque limpide, poi prese il suo pastello e disegnò i contorni di una barchetta che poi riempì di colore rosso, e anche quest’ ultima magicamente si creò, la ragazza con un gran sorriso si mise sopra, e si fece trasportare dal forte vento che si abbatteva su di lei, era talmente tanto forte che in pochi secondi diverse ciocche dei suoi capelli neri si infilarono nella sua bocca, dopo poco si ritrovò d’ innanzi ad una grande città sul mare, infatti quest’ultima era collegata a tutto il resto grazie ad un semplice ponte di legno, Carola si sbalordì subito delle parti più basse di quella città, avevano delle cupole fatte d’oro, ‘’per non parlare di tutti quei ruscelli che si trovano al suo interno!’’ pensò la ragazzina ormai già al settimo cielo. Carola non stava più nella pelle, e in un attimo fu catapultata in mezzo a tutte quelle strade sull’acqua, girava e rigirava e contemporaneamente salutò una serie di soldati che trovava sul percorso, ma la fine stava ormai arrivando, si trovava su uno dei punti più alti della città, iniziò a percepire un buco allo stomaco, ma non si fece prendere dal panico, anzi prese il suo pastello rosso e saltò dalla barca, e in cinque secondi disegnò un grande cerchio ovale e qualche striscia laterale , e le venne fuori una mongolfiera, così riuscì a salvarsi, si sentì più leggera, il suo buco allo stomaco era ormai finito, ma tra tutte quelle nuvole bianche come la candida neve non riuscì a non notare anche un uccello viola, le sembrava una fenice, e vide anche una flotta di persone intenzionati nel catturarlo e purtroppo ci riuscirono, lo misero dentro ad una gabbia color oro e lo portarono fino ad una macchina fluttuante, appena scaricarono l’uccello tanto desiderato tre persone lo presero tra le mani e lo tolsero dal filo fluttuante che lo collegava alla flotta di cacciatori, i quali se ne andarono subito, magari alla ricerca di qualche altra preda. intanto però la bambina si avvicinò, si accostò, sul macchinario, e più silenziosamente possibile scese dalla mongolfiera, prese il suo pastello rosso e andò verso l’uccello. Salì le scale e con la velocità di un leopardo prese la Gabbia e corse fino al bordo del macchinario e lo lasciò libero, ‘’scappa’’ urlò all’uccello però delle guardie che indossavano una strana armatura color oro catturarono Carola e buttarono il suo pastello rosso nel vuoto, la ragazza si sentì un vuoto dentro come se avesse perso qualcosa di molto importante della sua vita. Carola fu subito messa a pendolo in una gabbia sotto la macchina fluttuante, ma dopo pochi minuti rivide la fenice, e prestando più attenzione ai particolari noto che nel becco aveva un pastello rosso, il suo pastello rosso! La ragazza fece un gran salto di gioia, che finì con delle carezze alla fenice, appena riprese il suo pastello rosso esitò un attimo prima di utilizzarlo, ma dopo poco incominciò a fare u rettangolo e lo colorò di colore rosso, quest’ultimo si trasformò in un tappeto volante, e così riuscì a salvarsi di nuovo.
La fenice la portò fino ad arrivare ad un albero; a Carola le sembrava uno qualsiasi, ma sul fondo aveva una piccola porta, l’uccello fece segno di entrarci così Carola aprì la porta e lo fece entrare per primo poi lei lo seguì.
I due compagni di viaggio si ritrovarono in una città, più precisamente davanti un palazzo, appena uscirono dalla porta la fenice si catapultò nella braccia di un ragazzo della sua età, aveva lo stesso pastello di carola, solo di colore diverso, era viola, proprio come la fenice, allora pensò subito che quel ragazzo ricciolino era il suo proprietario, e non si sbagliò, Mike gli raccontò che quell’uccello era di sua madre, e che poco prima di morire glielo regalò e gli disse di prendersene cura, calò subito un silenzio imbarazzante, ma il ragazzo cercò di sdrammatizzare e disse ‘’vuoi venire a giocare con me!’’ Carola senza pensarci due volte disse di si, i due disegnarono due cerchi, uno viola e uno rosso, e poi costruirono una bicicletta, si avviarono verso un vicolo abbastanza stretto, Carola si sentì rinata, aveva trovato un altro bambino con la sua stessa esigenza: giocare.
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