Tic, tac. Tic, tac. Tic, tac. L'orologio che scandiva il termine dei suoi sogni batteva. E batteva. E batteva. Era strano. La notte morente, sconfitta dall'alba, esitava a ritirarsi. Le rosee nuvole filamentose si allungavano come serpenti in una giungla, mentre le stelle brandivano gli ultimi sprazzi di energia per difendere il proprio territorio. La guerra regnava anche in cielo. Iniziava un nuovo giorno. Un giorno di paure, parole ambigue e promesse confuse. Urla strazianti, gemiti, fuoco. Morte. La signora Boyko, Olga Boyko, si era svegliata grazie ad uno strano presentimento e a quel tic, tac. Delle vipere le invadevano lo stomaco, mordendola ad ogni battito del suo cuore. Divorata dall'ansia, si era spinta verso la linda. L'aroma di pulito la tranquillizzava, avvolgendola in una coperta di calma. Fissava gli elettrodomestici col cervello in disordine. L'ottantina d'anni che le incombeva sulle spalle iniziava a pesare sempre più forte. Forte come quel rumore. Il rumore che le aveva appena squarciato i timpani. Il suo mondo era calato in un silenzio ovattato, mentre tutto andava a fuoco. La bandiera ucraina appesa alla finestra, il forno, la camera, la casa. E anche lei, che aveva chiuso gli occhi. Chiuso quegli occhi preoccupati, morti col resto del corpo sotto le bombe. Le spietate bombe russe.
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