![](https://static.wixstatic.com/media/nsplsh_917a1cc711314dfda6c8fc9e2ecbf0ff~mv2.jpg/v1/fill/w_980,h_653,al_c,q_85,usm_0.66_1.00_0.01,enc_avif,quality_auto/nsplsh_917a1cc711314dfda6c8fc9e2ecbf0ff~mv2.jpg)
Valerio uscì di casa in fretta e furia. Il suo animale domestico iniziò a seguirlo ed i suoi genitori non ebbero problemi con la macchina rossa, liscia come il legno levigato e rumorosa come una vespa. Valerio aveva voglia di vendetta. Voleva prendere le sue gambe e mettergli un boost pur di vincere quella gara. Voleva pure picchiare Mario per poi dirgli “questa è la mia scena’’. Pensando a cosa Mario gli aveva fatto, corse come la luce.
Con quella velocità extra si arrecò immediatamente (in verità in 5 minuti) allo stadio grande, chiassoso e ruvido per i sassi che formavano il percorso e disse “Bell’allenamento per iniziare questa giornata chiassosa, bella ma infernale’’ ed iniziò a bere dell’acqua, dandone un po’ anche al suo animale.
I genitori, compresa la sorella di 14 anni che giocava al telefono, lo incoraggiarono con delle frasi tipo “Ci riuscirai!” “Il trofeo è garantito!” “Mario non vincerà!” eccetera…
Si trovarono tutti alla partenza compreso Valerio. C’erano anche altre due persone, Mario e Clarissa, della sua stessa età, cioè 11 anni.
Clarissa era ok, veloce e intelligente; erano molto amici, anche se lei era innamorata di lui. Se lei avesse vinto Valerio sarebbe stato felice. Per Mario invece era il contrario: se avesse vinto lui, il ragazzo odiato, cattivo e puzzolente di pane bruciato, Valerio sarebbe esploso come il Vesuvio su Pompei. Sarebbe diventato un forno di rabbia.
Voi non sapete bene la storia? Allora facciamo un grande salto nel passato.
Valerio, in una giornata assolata e piena di cinguettii, si rese conto di essere molto veloce a fare le corse, soprattutto la corsa casa a scuola e viceversa. Capendo questa sua particolarità speciale, Valerio iniziò a sfruttarla: infatti era così veloce non solo nella corsa, ma anche nel fare i compiti. Era veloce nelle materie scolastiche, nel gustare i buoni cibi fatti da sua madre, veloce nell’odorare il profumo dolce delle piante che coltivava il padre, veloce nel vedere il suo corpo magro con naso a patata, occhi verdi e capelli mori.
Quel giorno a scuola era venerdì, e mentre urlava, saltellava e correva nel corridoio vide un volantino che catturò il suo interesse. C’era scritto: “Gara di corsa gratis con allenamento a pagamento: 10 euro ogni settimana e la gara si svolgerà domenica dello stadio si San Patrizio”.
Valerio chiamò la madre con un fiato rumoroso per l’emozione e le disse: ”Mamma, a scuola ho trovato un volantino cui c’è scritto che ci saranno gare gratis con allenamento a pagamento. Posso iscrivermi?”
Sua madre sapeva del suo sogno di diventare corridore e lo approvava, anche se aveva paura potesse farsi male nella sua soffice, liscia e sensibile pelle.
Dopo la sua risposta affermativa Valerio iniziò a piangere dall’emozione. Iniziò a saltare, urlare e correre come un matto. Si chiese perché sua madre non si stesse preoccupando come faceva sempre, ma non gli importava.
Si iscrisse sul volantino con il suo nome e andò alle lezioni. Il giorno dopo andò al suo primo allenamento: puzzolente e rinfrescante. Il campo era grande, pieno di percorsi ruvidi, erba soffice e sedili scomodi. Il suo coach era anche il suo Prof. di Motoria, Matteo Barivolti. Era tutto facile come mangiare una dolce, profumata e morbida torta: corsa, corsa, salti, scatti e altre cose a cui era abituato a fare a scuola. Le prime tre settimane furono aspre, ma morbide dato che non si facevano le gare. Gli allenamenti delle settimane successive furono più difficili. Un giorno arrivarono anche altri ragazzi per allenarsi tra cui anche lui, cioè il peggior nemico di Valerio (o forse anche della scuola): Mario.
Mario è un bullo con i capelli ricci e scuri, occhi marroncini, bocca piccola con denti che hanno vissuto tempi migliori, corpo né troppo magro né troppo grasso, orecchie piene di cerume, un brutto neo sulla faccia, puzzolente di formaggio e ruvido come la pietra.
Dopo i soliti allenamenti facili, sudaticci e noiosi, il coach Matteo disse che le gare si sarebbero svolte la domenica successiva.
Valerio corse come un matto verso casa, sarebbe voluto già andare in campo a provare la sua velocità, ma la stava già vedendo mentre correva verso casa. “Possibile che se corro in gara non riesco a fare il giro?” Si chiese tra sé e sé. Qualora fosse stato così avrebbe lacrimato incredibilmente che riempire un lago sarebbe stato semplice. Decise, dopo aver calcolato, visto e controllato, di fare allenamenti a casa. A differenza di quelli all’esterno, questi erano più difficili. “Se voglio batterli, devo essere di livello superiore!” Era carico di energia. Voleva vincere e far invidia a Mario davanti a tutti quegli occhi. Iniziò a fare gli allenamenti stancandosi molto.
Quella domenica mattina nuvolosa, freddo e strana, decise di andare a piedi al campo di corsa per fare un allenamento extra, prima della prima gara: una corsa incredibile, faticosa e veloce di tre chilometri. Si ritrovò al campo tutto sudato e la madre gli diede dell’acqua dolce. Valerio scese in campo, non stava più nella pelle, stava saltellando velocemente verso il campo. Faceva urletti fastidiosi e rumorosi in preda all’eccitazione per la gara che stava per avere. Appena arrivato in campo non capì la situazione e sembrava che tutte le persone, soprattutto il coach, lo capissero: erano solo cinque persone a gareggiare tra cui anche il suo migliore amico: Max. Occhi celesti, capelli biondi, un po’ più grasso di Valerio, una faccia né piccola né rande con la stessa lunghezza di un foglio rosa pelle. C’era anche Mario e Clarissa, cara amica di Valerio; il coach era tutto rosso, pieno di vapore da fare un fischio assurdo dalle orecchio, stava quasi per esplodere come una bomba rosa con un cappello giallo come i suoi capelli… tic tac tic tac… BUM! Il coach correva da destra a sinistra come un pazzo scatenato. Poi però si calmò sapendo che gli altri ragazzi avrebbero iniziato le gare la domenica successiva. Valerio iniziò a piangere perché voleva vedere il livello di tutti i suoi sfidanti, non solo di quattro; batteva forte i piedi sul terreno ghiaioso, poi però smise per un motivo molto semplice: non voleva che Mario lo insultasse con frasi del tipo “Mammoletta piange!”
“Tre, due, uno… VIA!” Disse l’arbitro con forza. Max e un altro ragazzo di nome Grisserio restarono indietro stanchi morti; Clarissa e Valerio continuarono con una facilità assurda. Gli occhi di Mario, rosso sangue, strani e duri, fissavano Valerio con odio. Raggiunse velocemente Valerio facendolo cadere. Nella caduta si ruppe un dito del piede. Iniziò a lacrimare da matti, non per la ferita ma perché sarebbe stato eliminato dalla gara e solo il mese dopo ne avrebbe potuto fare un’altra.
Quindi, con tutte le sue forze, determinazione e speranzosi alzò ed iniziò a correre più veloce del vento urlando il nome di chi lo aveva fatto cadere.
Arrivò al primo posto, Max e Clarissa altri posti del podio.
Mario fu eliminato.
Saltava, urlava, rifece un altro giro e poi disse: “La vittoria sa di torta salata di fagioli: cremosa (la sua pelle in quel momento), liscia (la coppa che teneva in mano che era anche dorata e luminosa) e rumorosa (le persone che applaudivano). Alcune persone urlavano “Il tuo sogno è realizzato!”.
Quelle voci erano due femminili, una maschile accompagnata da qualche abbaio.
Che bello, bravo Youseff! Ho notato solo qualche piccola ed insignificante ripetizione e un cambio di tempo sbagliato nella descrizione di Mario, quindi complessivamente direi che tu e Valerio avete vinto anche questa sfida!!! Tanti complimenti per l'abissale differenza che c'è tra " Viaggio" e questo testo! Sei migliorato molto.