![](https://static.wixstatic.com/media/a3fa3a_cfdd95947e104f74a22bbf5e15d92a97~mv2.jpeg/v1/fill/w_236,h_314,al_c,q_80,enc_avif,quality_auto/a3fa3a_cfdd95947e104f74a22bbf5e15d92a97~mv2.jpeg)
Attenzione: sangue, omicidi e urla.
Se sei sensibile a queste cose, ti consiglio di non leggere questo testo.
Invece per te che vuoi continuare con la lettura, ti propongo una “Horror story”.
Buona fortuna, ti servirà!
Tutto iniziò nel mese di Aprile, quando cinque amici decisero di organizzare un pigiama party.
Hoodie, Sally, Gane, Jeffrey e Ben, avevano tutti dodici anni.
Il pigiama party si svolse a casa di Hoodie.
Mangiarono cibo spazzatura tra cui: pizza, patatine, hamburger, caramelle, cioccolata, coca cola e aranciata e giocarono a obbligo o verità facendo un sacco di confusione.
Arrivò presto l’ora di andare a dormire e la madre di Hoodie venne a dare la buonanotte a tutti, ma appena se ne andò loro cominciarono a raccontarsi storie dell’orrore.
Erano le undici quando, Sally e Jeffrey sentirono degli strani rumori provenire dal salotto.
Jeffrey bisbiglio: “Che cos’è stato?”
Sally allora gli disse: “tranquillo, di sicuro è la madre di Hoodie che riordina, non darci importanza”.
La ragazza si rimise a letto e si riaddormentò.
Al contrario il ragazzino, si stava preoccupando, i rumori non smettevano e allora decise di svegliare Hoodie per chiedergli di andare a vedere se era davvero sua madre.
Hoodie gli rispose: “Credo sia la mia mamma, non preoccuparti, notte”.
Jeffrey aveva i nervi tesi e si preoccupò ancora di più quando sentì una voce che gli disse: “Vieni con me, non preoccuparti, dai sarà divertente!”
Il ragazzo non ce la fece più e scoppiò a piangere, Sally e Hoodie che avevano sentito sia il pianto di Jeffrey, sia la voce, si alzarono in piedi e cercarono di consolare il povero ragazzino.
Nel frattempo, Ben sentendo dei rumori ai piedi del letto, si svegliò e disse: “Che cosa succede ragazzi?”
Sally gli spiegò tutto e allora Ben svegliò Gane che aveva dormito di gusto per tutto il tempo.
Quando si ripresero dallo shock iniziale (la voce inquietante e leggermente stridula di prima), si resero conto che non era più il posto in cui si erano addormentati, ma un luogo piccolo, chiuso e con odore di muffa.
Ben disse: “Mi ricorda un ripostiglio”.
Hoodie allora rispose: “Magari siamo nel ripostiglio di casa mia, però come ci siamo arrivati qua?”
Formarono una catena tenendosi per mano, la prima era Gane, per secondo Hoodie, poi Sally, Jeffrey e infine c’era Ben.
Gane afferrò una maniglia, la tirò verso di sé e la porta si aprì.
Dietro ad essa si nascondeva una stanza molto più grande di quella in cui erano, non aveva mobili, ma c’era una piccola finestrella aperta, ottima in caso di fuga.
Hoodie rimase fermo per un attimo poi bisbiglio: “Sembra la camera di mia madre, però non ci sono né mobili, né carta da parati sui muri”.
Attraversarono la stanza, Gane vide un’altra porta, era massiccia, imponente, doveva avere almeno trenta anni, il legno era scheggiato e l’acciaio della maniglia opaco, appena la toccò, si aprì
All’improvviso, si ritrovarono in un corridoio illuminato da una luce talmente fioca da sembrare prodotta da una candela, pieno di porte, alte, marroni, con delle maniglie dorate.
Gane tocco il pomello della porta più vicina a lei, ma si sentì un urlo stridulo provenire dall’interno.
Jeffrey scoppiò a piangere di nuovo, mentre Sally cercava di dargli un pochino di coraggio, ma la verità era che non ne aveva nemmeno per se stessa.
Dopo poco, si ripresero e Gane decise che avrebbe provato a toccare di nuovo la maniglia e avvertì gli altri.
Questa volta non ci fu nessun urlo, ma furono catapultati in un posto nuovo e divisi.
Gane e Hoodie finirono in una foresta. C’erano alberi altissimi come palazzi, la luna era piena e la sua luce dava forme lugubri alle ombre delle rocce e dei tronchi.
La ragazza era pietrificata, la bocca semi aperta, gli occhi spalancati che fissavano il nulla e le orecchie “dritte” quasi fosse una lince. Il ragazzo era terrorizzato, gli occhi lucidi fissavano Gane, la bocca serrata in un’espressione spaventata, tutto il corpo tremava, un po’ per il freddo e un po’ per la paura.
Gane gridò: “Dove siamo?”
“Non lo so. Credo in una foresta o in un bosco o qualcosa del genere” disse Hoodie.
Gane con tono sarcastico gli rispose: “Grazie, senza di te non ci sarei mai arrivata”.
Hoodie corrucciò la fronte e fece una smorfia, a Gane scappò una risatina.
La ragazza guardò in alto e spaventata bisbiglio: “Ma la luna ha gli occhi rossi e un sorriso molto inquietante?”
Allora il ragazzo lanciò lo sguardo al cielo e con una faccia un po’ confusa, ma allo stesso tempo inquieta disse: “Sinceramente, io la luna la vedo normale, ma le nuvole sono a forma di coltello”.
“La foresta ci sta dando alla testa, andiamocene al più presto, a sinistra, dai!” rispose Gane, afferrando per un braccio Hoodie e costringendolo a correre.
Si incamminarono, ma la foresta era piena d’insidie e perciò spesso finivano per sbattere contro rami o venivano punti da cespugli stracolmi di spine.
Viaggiarono per un po’, finché non raggiunsero una pianura, esausti si sedettero a terra e si misero a ipotizzare sul come abbiano fatto ad arrivare lì e dove erano finiti tutti i loro amici.
Nel frattempo, in mezzo ad un fiume, Sally cercava con tutte le sue forze di rimanere a galla.
L’acqua le entrava dentro gli occhi, dentro la bocca e dentro le orecchie, la sbalzava da una parte all’altra.
Per sua fortuna, riuscì ad aggrapparsi a una roccia e a tirarsi fuori da quell’inferno freddo e rabbioso.
I problemi, però, non finirono mica qui, perché ancora doveva capire dove era.
Mentre la ragazzina si alzava e si sistemava la vestaglia miracolosamente ancora intatta (anche se bagnata), sentì delle urla provenire da dietro di lei e d’istinto si mise a correre dalla parte opposta, cioè a sinistra.
Sì fermò soltanto quando non sentì più nulla, ma ci volle un bel po’.
Sally, però, non sapeva che quell’urlo era di Jeffrey, che, precipitando da un albero, si era tagliato la bocca in orizzontale.
La ragazzina era terrorizzata.
Sally dopo un po’, sentì dei passi dietro di lei, si stavano avvicinando, cercò di scappare, ma qualcuno la catturò e le tappò la bocca con un fazzoletto imbevuto di arsenico, la ragazza svenne.
Fu portata in una casetta di legno, sporca di sangue, attorniata da alcuni scheletri. Davanti all’ingresso c’era un cancello di metallo nero e arrugginito, un posto orribile e spavento.
Fu legata a una sedia con delle corde.
Quando Sally si svegliò, l’uomo disse di chiamarsi il “Macellaio”.
Quando la ragazza lo guardò meglio, si rese conto che era vestito con abiti rozzi, tra cui una maglietta nera bucata, dei pantaloni verdi oliva di calicò, aveva gli stivali di gomma nera e lucida, ovviamente aveva un grembiule, proprio quelli che usano i macellai, sporco di sangue e in mano un coltello a lama lunga, luccicante e di sicuro tagliente.
Le tagliò in malo modo i capelli mossi, rendendoli una specie di caschetto castano chiaro e senza senso, in seguito le tirò un coltello sulla fronte.
Ogni volta che la povera fanciulla provava a muoversi, il “Macellaio” la colpiva violentemente sulle gambe, provocandole lividi neri, viola e blu.
Per sua fortuna il killer lasciò la stanza, Sally riuscì a togliersi le corde dai polsi e fuggì.
Nello stesso momento Jeffrey aveva trovato Ben, i due erano così felici di vedersi che si abbracciarono.
In seguito Ben, notò il graffio di Jeffrey e gli chiese: “Come ti sei fatto questo taglio?”
Jeffrey gli spiego tutto, poi chiese: “Ma dove sono gli altri?”
Come risposta il silenzio, la verità era che nessuno dei due sapeva nulla.
I due, insieme, decisero di attraversare la foresta per trovare i loro amici e cercare di uscire da quel posto.
Sally nel frattempo correva come una matta, gli mancava il fiato, aveva saltato un sacco di fossi, attraversato due ponti, fatto moltissime curve e arrampicata per due o tre crepacci, finché non avesse ritenuto di essere abbastanza lontana, non si sarebbe fermata.
Ben e Jeffrey procedevano a passo veloce per il bosco, ma sentirono una voce inquietante dire: “Ragazzi, venite qua, ho una sorpresa per voi!”
I due ragazzini erano spaventati e si misero a correre più veloci che potevano, ma la foresta li rallentava, le radici erano grandi e si vedevano all’ultimo.
Si fermarono un attimo vicino alle sponde di un fiume, si sentì un rombo fortissimo e un fulmine atterrò vicino a loro.
Jeffrey andò a sbattere violentemente contro un albero, gli sanguinava la testa, ma trovò lo stesso la forza di cercare Ben.
Hoodie e Gane, erano venuti di corsa e dissero in coro: “Che cosa succede?”
Jeffrey urlò loro: “Non è il momento!”
Ben era finito dentro il fiume, era aggrappato a delle rocce, aveva una paura folle di finire in acqua, non sapendo nuotare.
Hoodie, Gane e Jeffrey si presero le mani e si allungarono per prenderlo.
Jeffrey gridò: “Ben prendi la mia mano!”
“Non ce la faccio, ho troppa paura” rispose pero l’amico.
Jeffrey non voleva mollare: “Ben, provaci, ti prego!”
Il tono inizialmente severo, diventò supplichevole.
Ben cercò stabilità, mise il piede su una roccia, ma essa improvvisamente cedette, facendo cadere il povero disgraziato nel fiume furioso.
Jeffrey assistette in lacrime alla scena, Hoodie piangeva con tanto di singhiozzi, Gane cercava di farsi forza e consolava i ragazzi.
Nel silenzio generale si sentirono tre colpi di fucile, uno colpì la testa di Ben.
Tutte le speranze per una sua salvezza svanirono.
In mezzo al bosco, nel frattempo, Sally si era persa e la ferita sulla fronte, le faceva malissimo.
Decise di fermarsi, si accucciò ai piedi di una collina, un po’ per il dolore, un po’ per la stanchezza si addormentò.
Era l’alba, quando Hoodie, Gane e Jeffrey si fermarono in una piccola radura dall’aspetto buffo e singolare, con quattro alberi al centro e margherite a terra.
Jeffrey non riusciva a dormire, ripensava a Ben che cadeva, all’acqua che dal troppo sangue diventava rossa e il proiettile che volava per aria.
Voleva vendetta, a mezza voce disse: “Mi vendicherò, mi dispiace”.
Scoppiò a piangere.
Ben amava i videogiochi, soprattutto quelli horror, infatti come su le Cronache Di Narnia, rinacque in un elfo, i capelli biondi sporchi di sangue, gli occhi demoniaci neri e rossi, la bocca con i denti affilati, la maglietta verde, dei pantaloni stretti neri con le cucitore messe in risalto dal verde bottiglia, degli stivali a punta con fibbia marroni ai piedi, un capello a punta verde si posizionò sulla testa, una spada simile a quella dei videogiocatori di ferro con la punta a semicerchio e il manico di legno di acacia, Ben Drowned, il Glich, l’elfo che ti affoga.
Intanto Sally era sporca di sangue dalla testa ai piedi, non si ricordava nulla della notte precedente.
La ragazza, provò a rimettersi in piedi, perché sapeva di non essere al sicuro, ma dieci coltelli volarono per aria e uno la colpì allo stomaco.
Sally cadde a terra, si tolse il coltello dallo stomaco e il sangue iniziò a sgorgare senza fermarsi.
Le faceva male la testa, con le mani cercava di fermare il sangue, provo anche ad avvicinare i lembi di pelle, cosa che gli provoco solamente una terribile fitta all’addome.
Si alzò, provò a fare qualche passo, ma il mondo le girava e perdeva sangue dalla bocca lasciandole un sapore dolciastro sulla lingua.
Sally non ce la fece più e svenne, per sua sfortuna davanti a lei c’era un burrone profondissimo.
Ci cadde dentro sbattendo su tante sporgenze.
La sua anima si reincarnò in una ragazzina dodicenne, i capelli castani chiari ritornarono lunghi ma sporchi di sangue, aveva un taglio sulla fronte, gli occhi verdi, un vestito rosa sporco di terra, rovinato, le calze bianche, le ballerine nere stile anni sessanta, una piccola pistola simile a quella dei banditi, con il manico di ferro rivestito di pelle di lepre, con le strisce costellate di stelle nere, con i proiettili di titanio, Sally Williams, play with my?
Hoodie si allontanò dalla radura un attimo e fu catturato dal “Macellaio”.
Jeffrey e Gane erano disperati.
Alla ragazza però venne un’idea e la
comunicò: “Magari Sally è ancora viva”.
A quelle parole Jeffrey sbiancò talmente tanto da sembrare un fantasma, Gane si chiedeva perché.
Allora lei disse: “Cosa ho detto di male?” Il ragazzo non ce la fece più e sbottò: “Senti, mettiamo le cose in chiaro, qui tutto sta andando male, come fai a essere positiva, non puoi, sei sempre così allegra, perché, perché?
Per merito tuo, ora piovono soldi?
Hoodie sbucherà dall’angolo?
Sii realista una volta tanto!”
Gane non credeva alle proprie orecchie, urlò: “Sai cosa c’è, io sono positiva perché tengo ai miei amici, non li abbandonerei mai, perciò se loro stanno male cerco di tirare fuori qualcosa che li faccia stare meglio, prova anche tu!”
Jeffrey si arrabbiò ancora di più e disse: “Se davvero tenessi a loro, non saresti così menefreghista, verso la morte di Ben, verso il rapimento di Hoodie, verso la povera Sally, non hai versato una lacrima, sorridevi, sei una poco di buono, una senza cuore e non ti importa niente di nessuno”.
Gane era sconvolta, si era promessa a se stessa di non piangere mai, ma in quel momento, non ce la fece più e alcune lacrime gli solcarono il viso: “Meglio ricordarli con un sorriso che con una rabbia di vendetta” disse, prima di sparire in mezzo agli alberi.
Jeffrey, intanto, si era reso conto della terribile cavolata commessa, urlò il nome della ragazza sei o sette volte, non ci fu alcuna risposta, si mise seduto su una roccia, a piangere e a sperare che un giorno gli avrebbe potuto chiedere scusa.
Nel frattempo, Hoodie si trovò davanti al “Macellaio”, senza perdere tempo il ragazzino urlò: “Se mi vuoi uccidere fallo, avanti!”
Il killer allora con tono calmo e sereno gli disse: “Io non ti farò del male, ma mi dovrai fare un piccolo favore”.
“Quindi qualcosa vuoi!”
“Sì, dovrai aiutarmi a trovare una ragazzina, ha i capelli castani chiari, tagliati strani, ha delle ferite sulle gambe, ha un vestitino rosa con delle scarpe nere, circa, credo che abbia la tua età” gli rispose il “Macellaio”.
Hoodie senza esitare accettò e lui gli diede dei vestiti puliti.
Una maglietta a maniche corte nera, dei pantaloni larghi blu di un cotone ruvido, degli stivali gialli, un impermeabile sempre giallo e una maschera nera con disegnati un sorriso e degli occhi inquietanti rossi bordò.
Il ragazzino indossò tutto (tranne la maschera) e si mise in viaggio, con uno zainetto pieno di viveri.
Mentre camminava, sentì dei passi provenire da dietro di lui, non fece in tempo a girarsi che qualcuno gli cadde addosso facendogli sbattere la testa contro il suolo.
Il ragazzo si alzò all’istante, voleva aiutare quella che sembrava una ragazza, la vide meglio e per poco non rimase a bocca a aperta, esclamò:”Gane”.
Gane un po’ frastornata urlò: “Hoodie?”
I due erano così felici di vedersi, che si abbracciarono.
Il ragazzo poi disse: “Ma Jeffrey dov’è?”
Allora Gane gli raccontò tutto.
Infine aggiunse: “Voglio provare a trovare Sally!”
Hoodie prima di tutto gli riferì quello che doveva fare, poi gli disse che altrimenti sarebbe stato ucciso.
Gane dopo aver sentito la descrizione di questa bambina urlò: “combacia con quella di Sally, tranne i capelli!”
I due erano euforici, si misero in viaggio.
Arrivarono in un posto con del sangue per terra e sui tronchi degli alberi, un angolo della foresta lugubre, nero, spaventoso, dei rami spezzati coprivano quella che doveva essere l’arma usata per uccidere la vittima, una lama corta, insanguinata e con dei lembi di carne attaccati.
I due ragazzi quando videro il coltello, gli venne da vomitare, ma Gane, la più intraprendente, prese in mano ed esclamò: “Il sangue è ancora fresco, chiunque sia stato probabilmente è ancora vicino, sbrighiamoci ad andarcene!”
Hoodie si agitò un sacco, bisbiglio: “Ma chi è stato uc…”.
Non fece in tempo a finire la frase che Gane lo buttò a terra e dei proiettili volarono a pochi centimetri dalle loro teste, salvi per un pelo.
Erano terrorizzati, avevano rischiato di nuovo di morire.
Gane urlò: “Ma chi è che ci vuole morti? Chi è che ha fatto tutte queste trappole? La foresta è maledetta, ma noi non ci arrenderemo, basta !”
Il ragazzo era spaventato e non ne voleva sapere di continuare, la ragazza lo tirò a forza, ma esausta, si sedette e si riposo per un po’.
Poi però ai due ragazzi venne un pensiero orribile, se a Jeffrey fosse capitata la stessa cosa?
In realtà Jeffrey, aveva delle cose diverse a cui pensare, era caduto dentro un laghetto con il cartello di pericolo biologico, faceva faticava a respirare, gli occhi erano rossi, gonfi e gli bruciavano.
Uscito da quell’acqua tossica, qualcuno appiccò fuoco alla foresta e lui si trovò costretto a correre come un dannato, per riuscire a non morire.
Jeffrey però era stanchissimo, un po’ per i fumi del rogo, un po’ per la caduta dentro il laghetto svenne, venne bruciato vivo.
La sua anima voleva vendetta e si rincarnò in un ragazzino quindicenne, i capelli lunghi neri, gli occhi azzurri, circondati da delle profonde occhiaie, un taglio sulla bocca della tonalità di un rosso marrone gli separava il labbro inferiore da quello superiore, la felpa bianca con qualche chiazza di sangue, dei jeans neri con due tasche grandi e spaziose, degli anfibi con la suola a carro armato neri, un coltello con lama lucida corta di circa 10cm e tagliente, Jeff the Killer, il ragazzo considerato fantasma per la sua carnagione bianca.
Di cinque ne rimanevano due.
Gane e Hoodie, videro del fumo in lontananza, si misero a correre più veloci che potevano, rimanevano uniti, ma purtroppo durante una curva si divisero e ognuno avrebbe dovuto cavarsela per conto proprio.
Gane si fermò un attimo, riprese fiato, si appoggiò ad un albero, ma sotto di lei si aprì un foro, nero e lei ci cadde dentro.
Quando la ragazza si riprese, non vedeva nulla era circondata da un liquido, viscido e appiccicoso, l’odore era inconfondibile, petrolio, esso gli era entrato dentro gli occhi e non riusciva a vedere più niente.
Cercò di mettersi in piedi, ma era difficile camminare dentro quel liquido, scivolò e precipitò di nuovo, stavolta in una cavità molto più profonda, arrivata in fondo, sbatté la testa, molto forte al suolo e morì, per un trauma cranico.
Si rincarnò in una ragazzina quattordicenne, i capelli lunghissimi neri, sciolti, gli sfiorano il sedere, la carnagione bianchissima, gli occhi grandi neri, senza pupilla e senza iride, le guance sfumate con del grigio, le labbra nere, un vestito a maniche corte, nero, gli arriva all’inizio delle ginocchia, gli stivaletti neri con dei charmes attaccati, croci, teschi, ossa e coltelli sempre neri, una sciabola di diametro 7 cm di larghezza e 45 cm di lunghezza con manico a presa multipla, Gane the Killer, la “cieca”.
Hoodie era disperato, era rimasto solo, non sapeva dove andare, passò tre ore a correre, poi decise di fermarsi, non vide più il fumo e con un po’ di calma e tranquillità si addormentò.
La mattina quando si svegliò era coperto di un folto strato di muschio, si alzò in piedi e notò di essersi addormentato nel posto dove tutto era iniziato cioè la radura con i quattro alberi.
Lui aveva fatto solo un gigantesco girotondo.
Cercò di mangiare qualcosa e poi si rimise in viaggio.
Decise di percorrere una strada in discesa, alla fine della quale sembrava esserci una specie di pianura.
Arrivato alla fine del sentiero, notò qualcosa di strano vicino a un crepaccio, si avvicinò con cautela e per poco non gli prese un colpo, era un corpo umano.
Hoodie terrorizzato, afferrò una specie di ramo, girò delicatamente il corpo e notò che era Sally.
Il ragazzo scoppiò a piangere, probabilmente pensò che fossero tutti morti.
Disperato fece la prima cosa che gli venne in mente, si tolse la vita e si reincarnò in un ragazzo tredicenne, il cappotto giallo con il cappuccio alzato, i pantaloni neri bucati sui ginocchi, gli stivali di gomma gialli, la maschera nera sul volto, un fucile di metallo lucido con il grilletto morbido di pelle di bue, un coltello da cucina insanguinato con il manico di plastica rigida, Hoodie, il senza vergogna, con più di duecento omicidi commessi.
Da quell’episodio orribile, ci sono cinque anime, che cercano vendetta, che non hanno pietà e che vogliono la morte di chi ha fatto loro questo.
Attento, la prossima vittima potresti essere proprio tu!!!
ho
Cara Matilde, go poche parole per questo testo!! Ti dico solo che ho voluto rileggerlo due volte. Per essere un horror è scritto molto bene e mette impressione lentamente, imponendosi nella mente del lettore..