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NORMALITÀ - Manuel



“Uaaaaa è ora di andare a dormire” disse mia madre.

Mi rimboccai le coperte, chiusi gli occhi e iniziai a sognare. Verso le 3 della notte sentii dei botti fortissimi in lontananza. Minuto per minuto dopo un po’ tutti erano svegli.

C’era chi urlava e chi piangeva, ma non capivo cosa fosse successo. Mia madre, con molta delicatezza, mi disse di tornare a dormire che avevo sognato e che andava tutto bene.

Nei giorni seguenti i rumori a Kiev si ripetevano sempre più imponenti ed io cominciai a preoccuparmi sempre più. Il tempo era scuro come le tenebre.

Era ora di pranzo e iniziai a mangiucchiare, avevo un buco nello stomaco.

Quel giorno i miei genitori avevano uno sguardo pallido e restarono muti mentre continuavo a fare domande, qualcosa di brutto puzzava nell’aria.

Il giorno seguente mia madre stava preparando delle valigie, pensavo fossero di mio fratello. Io sapevo che doveva partire. Lui mi aveva detto avvicinandosi: “ Domani andiamo in un posto bellissimo!”, “E dove?” Lui rispose:“Fratellino non lo so ma mamma e papà mi hanno detto un posto paradisiaco, scintillante, bellissimo, persino affascinante.”

Nel mentre il telefono squillò; risposi io, era la mia dolce nonnina. Aveva una voce affannata e addolorata: “Nonnina cosa c’è?” “Passami la mamma e in fretta”. Mamma si rinchiuse in camera sua, volevo sentire quello che diceva, mio fratello mi bloccò.

Mamma, uscita dalla stanza, piangeva come un temporale, i fulmini si vedevano nei suoi occhi, le pozzanghere straripavano come i fiumi e i torrenti. Io con voce cauta decisi di chiederle cosa era successo. Lei mi evitò e andò da mio padre. Probabilmente gli stava raccontando cosa era successo. Nel mentre io aspettavo fuori dalla camera, ero curioso di quello che stava dicendo mamma. Quella notte mio padre, che mai prima mi aveva abbracciato così, premuroso mi strinse al petto e mi pregò di ascoltare sempre mamma e mio fratello Artem. La serata finì in lacrime e mi addormentai mentre lui continuava a cantarmi la mia ninna nanna preferita di quando ero ancora piccolino.

Il giorno dopo partimmo e subito chiesi a mia mamma :“Mamma mi puoi dire dove andiamo?”. Lei mi guardò con faccia intimorita.

Lunghe ore di viaggio erano lì pronte ad aspettarci. Il paesaggio antico della nostra città circondato da pesanti macigni dentro e fuori i miei occhi lasciava il posto a tanto verde luminoso. Ero intimidito, eccitato anche se un dolore lacerava il mio cuore, avevo lasciato la mia amata nonnina, mio padre, non sapevo se li avrei rivisti, non sapevo il motivo frettoloso di quella partenza.

Arrivammo in un posto che mi sembrava familiare o meglio in un quartiere nuovo che portava novità ed allegria, era tutto così strano si ma al tempo stesso incoraggiante.

Fuori dal treno c’ erano gli zii pronti ad abbracciarmi con affetto. Eravamo in Italia, in un paesino di nome Mantignana, ci avevano regalato una casa accogliente e bellissima.

In pochi giorni avevo ricevuto nuovi vestiti, cibo, erano tutti così ospitali anche se parlavano una lingua strana e diversa dalla nostra ma molto calda e affascinante che mi incuriosiva molto.

Ci permisero di andare a scuola dove incontrai un sacco di nuovi compagni ospitali ed affettuosi come i miei zii.

Comprendere bene il percorso che mi aspetta ad oggi non è affatto semplice. Questa vita sta cambiando forse troppo velocemente, discorsi strani si susseguono ogni giorno in casa e in tv, cose brutte che nessun bambino vorrebbe mai vivere.

Per imparare l’ italiano mi ci vorrà un sacco di tempo ma l’ importante non è quello, la cosa importante in questo momento è che io sono tornato finalmente alla NORMALITà ,che non è solo mangiare e bere ma anche fare nuove e interessanti amicizie e provare a vivere una vita apparentemente felice.

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© 2019 Lauretta Ricci

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