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QUEL MALEDETTO POMERIGGIO - Sofia Del Principe



Era un freddo pomeriggio d’inverno, una di quelle giornate buie, con il cielo ricoperto di nerissime nuvole colme di pioggia. Lo scuro paesaggio veniva illuminato ad intermittenza dalla luce metallica dei lampi ed il silenzio assordante era spezzato dal rombo fortissimo dei tuoni. Mentre cresceva la furia del temporale, Luca se ne stava solo soletto nella sua calda camera intento a fare i compiti. I suoi genitori sarebbero rientrati, come sempre, nel tardo pomeriggio. All’improvviso la stanza divenne buia, di un buio pesto che veniva ogni tanto interrotto dal bagliore dei lampi. Luca rimase fermo, seduto di fronte la scrivania convinto che la luce presto sarebbe tornata. Fissava il suo portapenne colorato che vedeva ogni qual volta il lampo entrava dalla finestra. “THUMP, THUMP”, udì piccoli rumori provenire dal soggiorno. Continuò a rimanere immobile e dentro di sé disse:” la porta di casa è chiusa, non può essere che c’è qualcuno”. Quei piccoli scricchiolii che aveva sentito, però, erano simili a dei passi. La luce era tornata, si lasciò alle spalle quello che era successo poco prima e si rimise chino sulla scrivania a fare i compiti. Passarono solo pochi minuti. I rumori si stavano facendo sempre più intensi. A quel punto un dubbio lo assalì:” e se ci fosse qualcuno nel soggiorno?” si ripeteva dentro di sé. Terrorizzato, corse di colpo a chiudere a chiave la porta della sua camera e si mise steso sul letto, cercando di tranquillizzarsi. La paura però era entrata nel suo corpo. Stava sudando freddo, tremava come una foglia ed il cuore gli batteva all’impazzata, non aveva mai percepito questa terribile sensazione. Luca sperava di risvegliarsi da un brutto sogno. Con lo sguardo fissava il suo poster preferito, quello che guardava sempre quando si sentiva solo o era triste e pensieroso. Era una sua foto in riva al mare: guardarla gli trasmetteva una grande serenità e subito tornava la felicità. “Anche questa volta guardando la mia foto riuscirò a non pensare a cose brutte” si ripeteva dentro sé, cercando di convincersi. Ma non fu così. Di colpo voltò lo sguardo verso la porta e vide sorpreso che la maniglia si stava abbassando. Il suo cuore si fermò per un attimo, ma poi riprese a battere all’impazzata. Il terrore lo avvolse. Si portò subito le gelide mani agli occhi, non voleva vedere, poi si rannicchiò su se stesso, tenendo le ginocchia strette e vicine al suo cuore, come per fermare quei battiti che non riusciva più a controllare. Il ragazzo aveva preso coscienza di non essere solo in casa e che soltanto una porta lo separava da qualcuno che forse voleva fargli del male. “Ci sarà un ladro? O forse un fantasma?”. Non sapeva cosa fare, se farsi coraggio ed aprire la porta per vedere chi ci fosse, oppure stare in silenzio ed aspettare il ritorno dei suoi genitori. Mentre tutti questi pensieri gli affollavano la testa, sfilò la chiave, avvicinò il suo occhio destro al buco della serratura e di colpo sentì:” TOC, TOC”. Proprio in quell’istante stavano bussando alla sua porta. Arretrò un po’, quei bussi improvvisi lo avevano turbato ancora di più. Si riavvicinò al buco e vide solo una mano ricoperta da un guanto nero. “È un ladro?!”. Rimase sempre in silenzio, cercava anche di trattenere il respiro per non farsi sentire, sperando che quella persona se ne andasse via. “TOC, TOC”, i colpi erano sempre più potenti, quell’essere là fuori non voleva proprio mollare. Luca si mise spalle alla porta per cercare di tenerla ancora più ferma, aveva paura che la serratura si rompesse e che si ritrovasse faccia a faccia con il ladro. La schiena era completamente distesa lungo essa, le gambe piegate ed i piedi piantati sul pavimento per spingere con tutta la forza che aveva contro quella porta che era ormai la sua unica salvezza. La testa rivolta verso l’alto per chiedere aiuto ai nonni che erano volati in cielo da non molto tempo. “Vi prego salvatemi” diceva tra sé e sé. Si rivolse a loro perché era consapevole che la sua speranza che arrivasse qualcuno a salvarlo era vana. I suoi genitori non sarebbero ancora tornati, era troppo presto. Le mani sudate e fredde gli tremavano come foglie e le gambe ballavano in maniera incontrollata. L’individuo iniziò a dare calci e spallate, aveva capito che lì si era nascosto qualcuno che lo aveva scoperto e voleva così farlo fuori. “BUM, BUM, BUM” ma la porta reggeva. “BANG!”. Un colpo di pistola attraversò la porta e trafisse Luca nel petto. La schiena scivolò giù, le gambe mollarono la presa ed il suo corpo ormai senza vita cadde a terra in un lago di sangue.

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© 2019 Lauretta Ricci

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