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Finalmente era arrivato il giorno della partenza.
Avevo atteso con ansia per molto tempo. Fin troppo.
Ero lì, davanti a quello enorme bus con un ombrello in mano, mentre i miei genitori mi tenevano una mano sulla spalla e continuavano a ripetermi: - Sei pronta? –
Ma io non gli prestava attenzione. Ero concentrata a pensare come sarebbe stato il viaggio e cosa sarebbe successo una volta arrivata.
La scuola aveva organizzato una gita in Germania per ben cinque giorni. A farmi compagnia c'era qualche maestra e alcuni miei compagni.
- Come farò a comunicare là, dove nessuno capisce la mia lingua? – continuavo a chiedermi – Cosa farò se non mi piace il cibo che cucinano? E se mi sentissi male… -
La mia testa era invasa da mille domande, ma non ottennero alcuna risposta.
Distolsi quel pensiero, l'autista era già sul bus per chiamare tutti ragazzi. Ho salutato i genitori con un forte abbraccio ed un ultimo sorriso.
- Mi mancherete. – gli ho detto mentre una piccola lacrima ricava il mio avviso.
Dall'autobus vedevo tutto con occhi diversi. Era tutto strano.
Avevo appena otto anni e stavo facendo un viaggio, per di più al di fuori dell'Italia, senza i miei genitori. Non riuscivo a crederci.
Il bus era partito dopo qualche minuto. Stavo ancora guardando con occhi colmi di gioia i miei genitori.
- Ehi, non è emozionante!? - Ha detto la mia amica, distraendomi.
Le ho rivolto un sorriso forzato per annuire, non riuscivo ad aprire la bocca.
Il viaggio mi era sembrato interminabile. Mi ricordo che, per ammazzare il tempo, scattavo foto ai paesaggi e, con la mia piccola fotocamera di seconda mano, registravo brevi video di ciò che accadeva.
Finalmente, dopo una dozzina d’ore, il viaggio era terminato.
Ci hanno mostrato l'ostello. Era stupendo.
Aveva tre piani, non ci avevano dato molto tempo per esplorarlo; una persona che lavorava lì ci aveva subito detto:
- Prendete lenzuola e cuscini e portateli nelle vostre camere. –
Ero rimasta qualche secondo perplessa: non era abituata a fare il letto da sola, anzi fino ad allora le avevo fatto solo una volta nella vita!
Dopo cena ci fecero vedere tutto l'ostello, e, proprio alla fine, ci dissero che la sera saremmo potuti andare a giocare in una stanza (che noi chiamavamo "la stanza del divertimento"). Ero euforica ma allo stesso tempo in ansia perché non sapevo cosa aspettarmi dal giorno seguente.
L'indomani, a svegliarmi è stata la luce flebile proveniente dalle serrande leggermente aperte.
Ho svegliato le mie amiche e, dopo esserci preparate, siamo andate a fare colazione.
Mi sentivo bene... libera. Nonne dovevo pensare ai compiti o alle verifiche, e questo mi toglieva un peso che avevo continuamente sulle spalle. Era tutto fantastico.
La giornata l'abbiamo passata creando una bellissima collana fatta con lana colorata, e, quando il cielo si faceva più scuro, siamo andati nella palestra per svagarci un po'.
La giornata era finita. Avevo fatto molte cose, ma sentivo ancora l'adrenalina è l'emozione addosso.
Non era riuscita a chiudere occhio quella notte.
- Cosa staranno facendo mamma e papà? - Pensavo parlando tra me e me - Chissà che ore sono? – Mi chiedevo - E se fosse tardi, domani non riuscire a svegliarmi. - Ho chiuso gli occhi forzatamente, mi sono girata verso il muro e, per addormentarmi, ho pensato ad un film. - Mi addormento sempre quando mi racconto delle storie. –
- Nicole! Nicole! - Una voce mi chiamava. Non capivo se fosse un sogno o la realtà - Avanti, alzati! – Una mano calda mi aveva assicurato le spalle e io, di scatto, mi sono girata con gli occhi spalancati.
- Mi hai spaventata. –
Era la mia amica. Mi stava chiamando per svegliarmi.
- Scusa. – Ha detto lei mentre una dolce risata interrompeva la voce.
La mattina, mentre tutti facevamo colazione, ci hanno dato una comunicazione:
- Oggi saremo tutta la giornata fuori, quindi preparatevi panini e merendine. Inoltre vestitevi comodi e portate uno zaino dato ad un'escursione. –
Diversi pensieri vagavano nelle nostre teste. Poi a darci la risposta è stata una maestra, una che non conoscevo. Ci ha detto che stavamo per andare in un bosco.
- Cosa!? - Ho pensato io – In un bosco! –
Mi sono preparata velocemente; ero in ritardo.
Siamo arrivati nel bosco col bus, poi abbiamo proseguito a piedi.
Ero circondato da migliaia di sfumature verdastre. Non c'erano molti animali, probabilmente si erano spaventati alla nostra vista, ma si sentiva chiaramente il canto degli uccellini e il fruscio delle foglie proveniente da ogni angolo. Qualche volta un odore invadeva le mie narici, ma non capivo se considerarlo profumo o puzza.
La mattina era passata tra chiacchiere e risate ed era finalmente arrivato l'ora di pranzo.
Ci hanno portato in un ristorante, ma, visto la scarsa quantità di soldi e l'elevato numero di ragazzi affamati, ci hanno permesso di mangiare solo una porzione di patatine a testa. A me, però, sembrava un ottimo pasto.
Dopo un po', poco prima che tu ti uscissero dal ristorante, la maestra ha detto di preparare i soldi: - Oggi faremo delle compere. Andremo in alcuni negozi per comprare dei souvenir. –
Era emozionata, non sapevo che scegliere. Il pomeriggio era quasi finito e io ero entrata in cinque negozi diversi Ma, alla fine, i soldi nel mio borsellino erano sempre gli stessi.
Ero salita sul pulmino un po' demoralizzata, ma contenta della giornata passata.
Dopo cena siamo andati tutti, comprese le maestre, nella hall dell'ostello e abbiamo ballato e cantato con in sottofondo le canzoni più belle del momento.
Non ricordo come posso quella notte. Ricordo solo che la mattina era la prima di essermi svegliata, euforica in ansia per la giornata che mi aspettava.
Anche questa volta ci hanno detto che saremmo rimasti tutto il giorno fuori dall'ostello.
Riecco il bus che ti aspettava fuori pronto per partire.
Il viaggio è stato abbastanza lungo e, durante il tragitto, mi divertivo a osservare le strutture che vedevo da dietro quella sottile lastra di vetro per poi fotografarle.
Tra palazzi, paesaggi collinari e monumenti ho notato una grande struttura con molte finestre qualche bandiere appese all'ingresso.
Il pullman si è fermato proprio lì davanti.
- È un museo? - Ho sentito dire a qualcuno.
- No, è una sede. Dove ci sta il presidente. – Ha detto un altro.
In realtà era entrambe le cose.
Ti hanno fatto vedere un po' di oggetti storici e poi siamo andati in una stanza dove una persona tedesca a parlava è un'altra traduceva. Ma io non stavo a sentire.
- Ci hanno portato in questo posto solo per farci sentire una persona che parla di non so cosa. - Ho pensato annoiata.
Giravo per la stanza persa nei miei pensieri, poi ho visto tutti andare verso la porta d'uscita e li ho seguiti.
Non avevo capito da dove stavamo passando. Eravamo tutti ammucchiati, come una mandria. Improvvisamente urla di stupore provenivano da ogni lato. Eravamo in una scuola, ma piuttosto diversa dalla nostra.
- Come ci siamo finiti qui? – Mi sono chiesta spaesata.
Di fronte a me c'era un pacco con diversi ragazzini tedeschi che cantavano e ballavano. Ci hanno portato in un angolo della stanza e ci hanno fatto sedere.
Intorno a me c'erano senti meglio i genitori conservavano i propri figli e applaudivano orgogliosi.
La mia testa è stata invasa di colpo da mille pensieri.
Vedevo con l'immaginazione i miei genitori seduti a fianco a me che mi abbracciavano e un senso di solitudine ha pervaso il mio corpo.
Da quel momento sono rimasta immobile col pensiero a pensare alla mia famiglia.
Non mi ero accorta neanche che tutti stavano applaudendo è che i miei compagni se ne stavano andando. Ero immersa nei miei pensieri, ed era lì che volevo rimanere. Avevo lo sguardo fisso in un punto e continuo a pensare. A pensare.
La mia amica mi ha distratto.
- Andiamo, dobbiamo fare la caccia al tesoro! –
Era sorpresa, ma col pensiero continuo ad assillarmi.
Quasi non capivo più niente, a guidarmi c'era la mia amica.
Era ora di pranzo. L'avevo capito perché la mia pancia aveva iniziato a brontolare. Abbiamo mangiato un hot dog, Poi abbiamo continuato la caccia al tesoro anche se non avevo ancora capito cosa avremmo dovuto trovare.
La giornata era giunta al termine e siamo ritornati tutti in ostello con uno yo-yo che ci era stato regalato.
Mi ero quasi addormentata durante il viaggio di ritorno, ma la luce pomeridiana mi teneva sveglia. Arrivata in ostello non volevo neanche giocare, sono andata in camera, mi sono cambiata e, con le calde coperte alzate fino al collo, mi sono addormentata.
Ed ecco, che come in un sogno che finisce quando ci si sveglia, quella bellissima esperienza era ormai terminata.
Io, però, con il cuore colmo di gioia e la testa piena di sapienza, sono sicura che di esperienze uniche come quella ne vivrò tante altre che conserverò tutte in una parte del mio cuore con la targhetta "viaggi".
Scusa per la confusione ma il mio tablet non funziona molto bene...
Merita
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Ah viaggiare, quanto mi manca! Sono felice che tu abbia fatto questa meravigliosa esperienza e ti invidio molto, soprattutto perché andare in giro fuori Italia ( ma anche dentro ) fornisce spunti di scrittura interessanti e fantastici, infatti hai scritto un bel testo che mriya la pubblicazione al cento per cento