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TSUNAMI - Giulia




Erano le 09:30 passate quando la famiglia di Mia aprì l’imponente portone di villa Tarquinia. Era una famiglia ricca, una delle poche che vivevano nella città di Morioka, in Giappone. Stavano andando in spiaggia, sua madre aveva appena chiuso la cerniera del borsone a pois degli asciugamani. Era una giornata calma, leggermente ventilata ma il Sole splendeva più alto che mai. Mentre Mia saliva in macchina, suo fratello Stefano aveva già alzato la musica a tutto volume, ma Mia se ne stava in silenzio, si era scocciata di ripetere sempre la stessa frase: “Stefano, puoi abbassare il volume della musica per favore?" Ormai la risposta la conosceva a memoria, quel “No” detto con tanta cattiveria e amarezza. Quando il padre aprì il finestrino, i capelli neri di Mia le impedirono di guardare il panorama, quel panorama così avido e scuro anche se fuori il Sole illuminava tutto.

Finalmente arrivarono in spiaggia: di gente ce n’era in abbondanza, il bagnino se ne stava nella sua comoda sedia, con gli occhiali da Sole che gli coprivano completamente lo sguardo, tanto da non distinguere se dormiva o meno. Quando sua madre aprì la sdraio, Mia capì subito che non era giornata per chiederle di giocare, così si avvicinò di più alla riva, osservando gli scogli. Era annoiata, triste, osservava i bambini che invece giocavano assieme e ridevano, a volte quando loro facevano quelle risatine da bambini anche a Mia spuntava un debole sorriso. Osservò meglio l’oceano: era limpido e delle piccole ondine di tanto in tanto arrivavano a riva diventando schiuma. A Mia venne voglia di farsi il bagno così spostò lo sguardo verso l’ombrellone della sua famiglia in modo da poter controllare se si allarmavano perdendola di vista. Fece un passo ma al posto di mettere i piedi nell’acqua le atterrarono su un’enorme roccia appuntita. Mia gridò “Ahi!” ma non diede troppa importanza alla cosa e sicura di sé fece un altro passo, ma al posto di atterrare sull’acqua stavolta il suo piede atterrò su uno strato di sabbia. Così Mia spostò lo sguardo sull’oceano e vide che si stava ritirando.

Il bagnino gridò “Fuori dall’acqua, via dalla spiaggia, allontanatevi più che potete!” Mia cacciò uno strillo, nell’aria si diffuse il panico, tutti che scappavano, Mia non capiva ma suo padre la portò via prima che potesse provare a chiedere informazioni. Mia piangeva disperata, non sapeva cosa fare e questo miscuglio di emozioni le generava il pianto. Sfuggì alle mani di suo padre. Sentiva un forte rumore alle sue spalle e quando ebbe la possibilità di girarsi, un’onda alta circa 30 m la travolse completamente. L’acqua le andò di traverso e singhiozzava più che poteva, mentre gli “Aiuto!” le uscivano invano dalla bocca. Aveva perso la sua famiglia, era finita per lei, sicuramente sarebbe morta, pensava Mia, e si ricordò un attimo com’era fatta, come se dovesse farlo, per l’ultima volta: una giapponese, nata a Tokyo e cresciuta a Morioka, capelli lunghi neri, con una frangetta carina e degli occhi anch’essi neri, marcati da alcune sfumature marrone scuro.Mia cercava di aggrapparsi a tutte le cose che trovava: alberi, tronchi, rocce… ma ogni volta l’acqua le rendeva le mani scivolose e non riusciva a resistere su un oggetto per più di un minuto.

Era terribilmente affaticata dal tenersi a galla, ora Mia piangeva fortissimo, non sapeva cosa fare, come farlo e quando cogliere l’attimo. “Probabilmente", pensava Mia, "devo aspettare che finisca quest’inferno, ma devo tenermi in vita, non c’è nessuno che mi aiuterà, devo ingegnarmi.

A poco a poco tutti gli edifici cadevano, uno dopo l’altro, sommersi dal grande tsunami. Solo a guardare ciò che succedeva la paura di Mia cresceva ancora di più.

Finalmente scorse sua madre dietro una roccia, che le gridava “Miaa, ti salverò, te lo promet…” Ma non fece in tempo a finire la frase che un grande sasso appuntito le si conficcò sul piede. "Ahhh" urlò Mia disperata. Non aveva più le forze, le energie, la positività per continuare, non sapeva dove si trovava, di sicuro non era più a Morioka, forse era l’unica cosa di cui era certa. Lo tsunami prendeva sempre più la carica, continuando a devastare tutto ciò che gli si trovava davanti.

Ad un certo punto Mia vide tutto buio.


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3 commentaires


giulia.iuliano
giulia.iuliano
23 févr. 2022

😀

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greta.visconti
greta.visconti
04 févr. 2022

Sono

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Membre inconnu
03 févr. 2022

Cara Giulia, il tuo testo mi ha colpito molto. Per fortuna non è la solita scontatissima storia a lieto fine in cui tutti vivono felici e contenti...Hai scritto una conclusione che mi è piaciuta per la sua brevità e limpidezza. Nel complesso il tuo racconto è pieno di meravigliose descrizioni, ricchi dettagli e tanta passione! Ti auguro di continuare sempre a scrivere così

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© 2019 Lauretta Ricci

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