top of page

VERSO LA PACE - Marianna Di Pasquale



Incomincia a correre. Le gambe mi iniziarono a cedere, ma il mio punto d’arrivo era ancora troppo lontano da me. Mia madre aveva le lacrime agli occhi e mi teneva forte la mano. Ma d’altro canto, le urla si facevano sempre più forti, rendendomi difficile udire l’intensità dell’allarme, ho nove anni e ho molta paura.

Sento le bombe esplodere, e colpire un palazzo che mi sta accanto, e nella frazione di un secondo esso precipita, era la mia casa. Iniziai a piangere, nella mia testa mi rimbombavano solo i bei ricordi che avevo con la mia famiglia, mi giro, e vedo mia madre in lacrime e…mio padre? Beh… non lo so, lui fa parte dei militari ucraini, non lo vedo da settimane, vorrei solo sapere come sta.

Arriviamo ai bunker e ci rifugiamo li, una signora ci offre un pezzo di pane, non ne vedo uno da giorni, lo prendo lo e divido con mia madre. Ho molta fame. Lo finisco in un attimo e lei fa lo stesso, nel mentre però, mi stringeva in un forte abbraccio.

‘’Mamma ma quando rincontreremo papà?” Dissi in un sussurro

“Non lo so Katie”

La guardai. Per un attimo mi sembrava che volesse aggiungere qualcosa, ma seguendo il suo sguardo notai che guardava una signora, forse non voleva che sentisse, oppure non sapeva cosa dire. Da fuori si sentì uno sparo, e le due penne che si trovavano su un tavolo improvvisato caddero per terra; quei bunker non erano degli ambienti molto confortevoli, in effetti erano piuttosto deprimenti, l’unico tocco di colore arrivava delle coperte che si trovavano all’entrata, e l’acqua cristallina che si trovava nelle bottiglie.

La signora se ne andò e mia madre mi fece cenno di andarle accanto, ovviamente le obbedii subito.

“ Katie, sono riuscita a farmi tenere da parte tre posti per l’autobus che parte domani verso l’Italia, se tuo padre è vivo e sta bene ci raggiungerà, altrimenti partiremo senza di lui ok? “

Annuii, “forse potrei rincontrare mio padre” pensai “ma forse no…”

Il giorno passò molto, troppo, lentamente, ma fortunatamente senza nessun’altra bomba dove stavamo noi. Nel mentre però anche la notte si avvicinava e con lei anche il freddo, le coperte iniziarono a scarseggiare, ma io e mia ne avevamo già messe due da parte.

La notte era cupa, e le due candele che facevano da lampadina si erano spente, l’unico mio pensiero era rivolto a papà, non volevo lasciarlo qui.

“Mamma ma come hai fatto ad avvertire papà?” “ Tramite un suo amico” si limitò ad aggiungere. E ci addormentammo.

L’allarme iniziò a suonare, mia madre si svegliò e con lei anche io, era mattina dovevamo andarcene. Le bombe non fecero troppi disastri all'esterno ma dentro di noi sì, la maggior parte della gente non aveva più una casa una famiglia e ogni volta che una bomba esplodeva e sta arrivava dritta al cuore. Le esplosioni iniziarono a placarsi fino a diventarne solo un brutto ricordo, era tardi dovevamo correre, mia madre mi prese per il braccio e mi trascinò fino alla porta:

“Pronta? “ mi chiese

“Si.”

Iniziammo a correre, e in pochi minuti ci ritrovammo davanti all’entrata di un autobus. Entrammo, i sedili non erano comodi anzi, era meglio stare su un sasso, ma non mi importava, guardavo sembra fuori dalla finestra e ad un certo punto lo vidi: un uomo alto con la tuta da militare mi salutava con la mano, era mio padre. Scesi dal binario e inizia a correre verso di lui, che mi strinse in un abbraccio capace ci incrinarmi le costole, entrammo nella nostra cabina, e ci dirigemmo verso la pace.

11 views0 comments

Recent Posts

See All

Comments


© 2019 Lauretta Ricci

bottom of page